Amatissimo, al pari del fratello maggiore, da Maometto (tanto da farglieli definire sayyid shabāb al-Janna: "signore dei giovani del paradiso"), al-Ḥusayn non ebbe l'età sufficiente per ricordare più di tanto il nonno, morto quando aveva sei anni appena.
Troppo piccolo per avere un qualche ruolo di rilievo nel corso del califfato "ortodosso" dei tre primi califfi e in quello di suo padre ʿAlī b. Abī Ṭālib e dell'imamato del fratello maggiore al-Ḥasan b. ʿAlī b. Abī Tālib, al-Ḥusayn si trovò alla morte di al-Ḥasan a guidare l'ormai abbastanza ampio gruppo familiare che poteva vantare vincoli parentali più stretti col profeta Maometto, la cosiddetta Ahl al-Bayt, facendosi a lungo il campione dell'attendismo politico e respingendo, in attesa di tempi migliori, quell'insurrezione che avrebbe dovuto affermare l'eccellenza, anche politica, della discendenza del quarto califfo, cugino e genero.
In questo periodo sposò Shahr Banū (Farsiشهر بانو, Šahr bānū, "signora della città"), una delle figlie dell'ultimo Shāhanshāhpersianosasanide, Yazdgard III.
Fu alla morte di Muʿāwiya b. Abī Sufyān nel 680 e alla sua disposizione successoria in favore del figlio Yazīd che giunse il momento favorevole perché al-Ḥusayn potesse rivendicare i propri "diritti".
Il loro rifiuto di ottemperare alla richiesta-ingiunzione del wālī di Medina, al-Walīd b. ʿUtba (zio di Yazīd) provocò quella che di fatto era la seconda guerra civile nella umma creata appena 80 anni prima da Maometto con l'Egira a Yathrib/Medina (senza contare lo scontro fra ʿAlī b. Abī Ṭālib contro al-Zubayr b. al-Awwām e Ṭalḥa b. ʿUbayd Allāh), con il loro clamoroso spogliarsi dei mantelli, dei turbanti e dei sandali nella moschea di Medina, proprio lì dove era vissuto il Profeta e dove era stato sepolto, avendo al suo fianco inumati i suoi due primi califfi.
Esortato da una parte della popolazione di Kūfa a venire nella città che era stata la capitale di suo padre, il quale vi aveva trovato violentemente la morte, al-Ḥusayn spedì il 9 luglio 680 in avanscoperta suo cugino Muslim b. ʿAqīl, figlio d'un fratello di ʿAlī b. Abī Ṭālib che non s'era mai convertito all'Islam e che l'aveva anzi apertamente combattuto a Siffīn.
A dispetto delle promesse fatte, la pavidità degli alidi locali e l'efficienza dell'apparato poliziesco di ʿUbayd Allāh b. Ziyād fecero fallire l'impresa di Muslim. Identificato, egli morì nel mese di settembre nella moschea in cui suo zio era stato pugnalato nel 661, dopo esservisi inutilmente asserragliato con i pochi seguaci kufani che era riuscito a fatica a reclutare.
Il fallimento fece esitare al-Ḥusayn, ma a convincerlo a passare comunque all'azione furono le insistenze querule dei parenti di Muslim, che ne chiedevano a gran voce la vendetta, incuranti dell'inanità dell'opposizione agli Omayyadi e mossi quasi solo dal sentimento preislamico alla vendetta.
Fu così che il nipote del Profeta si mise in marcia per giungere a Kūfa e sostenere con la sua viva presenza la sua causa e quella dell'Ahl al-Bayt.
La sua ribellione alla Umma è particolarmente sentita dalla parte sciita dell'Islam e il suo martirio nella battaglia di Kerbela viene commemorata nel giorno dell'Ashura e, più in generale, con le celebrazioni di Muharram.
Famiglia
Fratelli
Al-Ḥusayn ebbe diversi fratelli e sorelle, vista la poliginia praticata dal padre, tradizionale nella società araba tanto dell'età preislamica quanto di quella islamica.
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