Quale figlio del vincitore di Essling e cugino del padre dell'Imperatore, Alberto salì rapidamente i gradini dell'esercito, ricevendo, appena tredicenne (1830), il grado onorifico di secondo colonnello. Passò poi alla vita militare pratica nel 1837, quando fu nominato secondo colonnello del reggimento di fanteria Wimpffen. Per completare la propria educazione militare, nel 1839, ventiduenne, cambiò arma, passando al reggimento di corazzieriMengen col medesimo grado.
Matrimonio
Il Duca di Teschen fotografato con la moglie Ildegarda di Baviera e le due figlie
A seguito dello scoppio della rivoluzione viennese del 13 marzo 1848, della quale Alberto venne incolpato per aver dato ordine di sparare sulla folla, si dimise dalla carica.
Reietto dai costituzionalisti, prese la saggia decisione di affrettarsi presso l'ultimo bastione dell'assolutismo: si arruolò volontario nella armata d'Italia del feldmaresciallo Radetzky, rinserrato attorno a Verona. Qui si distinse alla battaglia di Santa Lucia, il 6 maggio, nel cui contesto l'iniziale successo sardo non fu sfruttato da Carlo Alberto.
Il contributo più importante che la famiglia diede al Radetzky, tuttavia, venne, probabilmente, dalla sorella maggiore di Alberto, la regina Maria Teresa (1816 – 1867), seconda moglie di Ferdinando II delle Due Sicilie, re delle Due Sicilie: alla metà di quel maggio, mentre Alberto giungeva a Verona, il 're bomba' ritirò dal conflitto le sue truppe, che avevano ormai raggiunto il Po ed erano in procinto di entrare in Veneto. Ciò impedì al generale Pepe di ricongiungersi con l'esercito pontificio del Durando e consentì a Radetzky la strategica vittoria di Custoza, il 10 giugno.
Venne poi l'armistizio di Salasco del 9 agosto e la ripresa dei combattimenti, l'8 marzo 1849, quando Carlo Alberto ruppe la tregua con l'Austria. Nel corso di questa breve campagna, Alberto ebbe un comando nel corpo d'armata del feldmaresciallo d'Aspre e si batté con distinzione a Gravellona, Mortara e specialmente a Novara. Qui la sua divisione tenne testa a un ben più numeroso nemico abbastanza a lungo da permettere l'arrivo dei rinforzi. La conclusione della battaglia fu talmente univoca che Carlo Alberto abdicò in favore di Vittorio Emanuele II.
Rimase nel seguito del generale d'Aspre quando questi fu inviato, con il suo 2º corpo d'armata, prima alla rioccupazione di Parma e poi a quella della Toscana per reinsediarvi Leopoldo II, fuggito a Gaeta: prese parte all'assedio e al saccheggio di Livorno (317 fucilazioni ed 800 morti), l'11 maggio 1849, e all'occupazione di Firenze, il 25.
Comandante in Boemia e governatore in Ungheria
Ritratto dell'arciduca Alberto d'Austria, duca di Teschen di Barabás Miklós, 1854
Dopo il completamento delle brevi e trionfali campagne, Alberto venne nominato comandante del III Corpo d'Armata in Boemia e governatore della fortezza di Magonza, dove già aveva concluso la propria carriera il padre.
Nel 1851 ebbe l'importante carica di governatore generale e comandante militare dell'Ungheria. Si trattava di un incarico assai difficile, ove Alberto si esercitò in parziali aperture agli ungheresi che parvero loro insufficienti, ma eccessive a Vienna. Ciò fu la causa delle sue dimissioni nel 1860.
I risultati, comunque, non dovettero essere troppo disprezzati a Vienna, dal momento che, nella primavera del 1864, Alberto venne reinviato a Berlino con un nuovo incarico, legato, questa volta, alla Seconda guerra dello Schleswig in corso e che contrapponeva la Danimarca alla Confederazione tedesca. Il tema del contendere era il controllo danese del ducato dello Holstein, maggioritariamente di lingua tedesca, e della attigua provincia dello Schleswig, maggioritariamente di lingua danese.
Rispetto alla precedente missione del 1859, a Berlino il fronte anti-austriaco si era notevolmente rafforzato con l'ascesa al trono di Guglielmo I, il 2 gennaio 1861, seguita, il 3 settembre 1862, dall'insediamento del nuovo cancelliere Bismarck. Quest'ultimo, in particolare, premeva su Vienna perché accettasse di estendere il conflitto all'intero territorio danese, ben oltre le due province contese. Occorre ricordare che l'Austria e la Prussia non avevano rivendicazioni specifiche, ma gareggiavano per dimostrare la propria superiorità militare e il proprio attaccamento alla causa germanica.
Con la firma del Trattato di Vienna, (30 ottobre 1864) la Danimarca cedeva Holstein, Schleswig e Sassonia-Lauenburg all'Austria e alla Prussia, in condominio, anche se la vera vincitrice diplomatica fu la Prussia. La missione di Alberto si era quindi tradotta in un sostanziale scacco politico, benché la gran parte delle responsabilità andassero addebitate al governo di Francesco Giuseppe.
Terza guerra d'indipendenza italiana
La statua equestre dell'arciduca Alberto di fronte alla Albertina, a Vienna
Nel 1860 Alberto venne nominato comandante generale dell'8º corpo d'armata austriaco a Vicenza. Qui venne promosso, nel 1863, feldmaresciallo.
Dopodiché, raggiunto dalla notizia della grave sconfitta austriaca a Sadowa, venne nominato comandante in capo al posto del Benedek e comandato a Vienna. La sua decisione cruciale fu di richiamare a Vienna uno dei tre corpi d'armata già stanziati in Veneto, aggiungendolo alle truppe ritiratesi dalla Boemia. Ciò gli consentì di costituire una nuova linea difensiva lungo il Danubio, la quale, tuttavia, non venne mai messa alla prova, dal momento che l'imperatore Francesco Giuseppe, fortemente influenzato dalla richiesta della municipalità di Vienna di dichiarare la capitale città aperta, stabilì di avviare colloqui di armistizio.
Gli storici militari austriaci hanno sostenuto che tale decisione fosse quanto meno affrettata, stante il notevole apparato difensivo organizzato da Alberto. Ed è certo che quest'ultimo ebbe una qualche influenza nell'indurre Bismarck ad assai ragionevoli termini di pace. Lo svantaggio principale riguardò, in effetti, il fronte italiano, ove l'esercito imperiale non seppe in alcun modo arrestare la successiva avanzata del Garibaldi e del Medici in Trentino e quella del Cialdini attraverso il Veneto, da Ferrara sino oltre Udine. Se l'armistizio fosse stato rimandato oltre, Garibaldi e Medici avrebbero certamente condotto l'assedio di Trento contro il pur assai valente Kuhnenfeld e Cialdini avrebbe proseguito oltre l'Isonzo.
Dopo i trattati di Praga e Vienna, Alberto venne nominato capo della commissione di riorganizzazione dell'esercito imperiale, alla quale diede un notevole contributo. Seguì anche le orme del padre quale scrittore di arte militare.
Prese stabile residenza al suo Palazzo di Vienna, ove proseguì la importantissima collezione di stampe iniziata dai suoi predecessori. Già uno dei maggiori possidenti terrieri dell'Impero (possedeva sino a 2 070 km²), ne divenne uno dei maggiori industriali.
Qui fu colpito da una terribile, quanto incredibile, sciagura: durante un ricevimento in un castello fuori città, la sua terza figlia, l'arciduchessa Matilde, appena diciottenne, lasciò cadere la sigaretta che stava fumando sul vestito da sera, che prese fuoco e ne causò la morte di fronte all'intera famiglia.
Prima relazione ufficiale sulla battaglia di Custoza (Erster offizieller Bericht über die Schlacht bei Custoza am 24. Juni 1866), in Österreichische Militärische Zeitschrift, anno 1866, Nr. 2
Istruzioni per il comando e gli alti ufficiali della imperial regia armata in Italia (Instruction für die Generalität und höheren Officiere der k.k. Armee in Italien), in Österreichische Militärische Zeitschrift, anno 1866, Nr. 3, pagine 33-60
Come dovrebbe essere organizzato l'esercito austriaco (Wie soll Österreichs Heer organisiert sein?), Vienna, 1868.
Della responsabilità in guerra (Über die Verantwortlichkeit im Kriege), Vienna, 1869
Riflessioni sullo spirito militare (Gedanken über den militärischen Geist), Vienna, 1869
L'anno 1870 e la forza militare della Monarchia (Das Jahr 1870 und die Wehrkraft der Monarchie), Vienna, 1870
Johann Christoph Allmayer-Beck, Der stumme Reiter. Erzherzog Albrecht. Der Feldherr "Gesamtösterreichs", Graz-Wien-Köln, Böhlau, 1997, ISBN 3-222-12469-8
Matthias Stickler, Erzherzog Albrecht von Österreich. Selbstverständnis und Politik eines konservativen Habsburgers im Zeitalter Kaiser Franz Josephs (= Historische Studien, Band 450), Husum, 1997, ISBN 3-7868-1450-3
Josef Jakob Holzer, Erzherzog Albrecht. Politisch-militärische Konzeptionen und Tätigkeit als Generalinspektor des Heeres. Wien, Diss. 1974