«Patisco d'amor patrio, soffro di sentimentalità per il glorioso nostro passato, mi cruccio dell'abbandono in cui siamo caduti e tenuti… e specialmente cerco di far apparire nobile, grande e bella la nostra Calabria, anche quando è giustamente accusata.»
Nato a Polistena nel 1853,[1][2] Francesco Jerace era fratello di Gaetano (1860-1940), pittore, e Vincenzo (1862-1947),[3] pittore e scultore. Suo padre Fortunato era un disegnatore e costruttore di opere murarie, di ponti e di facciate di chiese: nella chiesa della Santissima Trinità di Polistena fece innalzare tutte le colonne granitiche della facciata. Suo cognato era Raffaele Longo, poiché aveva sposato una sorella dello scultore.[4]
Occasionalmente pittore, esordì alla Promotrice napoletana del 1871 con due opere: il ritratto di Girolamo Marafioti e la Nidia cieca.[8][9]
Il suo primo lavoro fu un bassorilievo di gesso con una testa barbuta, conservata tuttora nel Municipio di Polistena. Il primo importante lavoro è del 1873: il monumento funerario per la famiglia di Mary Somerville;[10] vengono poi le decorazioni della villa Meuricoffre e la partecipazione alla mostra nazionale di Torino (1880), con opere in cui Jerace manifesta un tono europeo. Sue sculture sono a Londra, a Varsavia, a Berlino, a Dublino, a Vienna. Nelle città italiane ha lasciato un segno, con le sue opere d'arte: oltre cinquanta monumenti, opere di argenteria e di decorazione, una ventina di busti.[11] Nel 1880 a Torino scolpì Victa. Con Victa, Marion e i Legionari di Germanico, Francesco Jerace partecipò al triplice concorso dell'Esposizione Nazionale di Torino. Nella Villa La Fiorita, Francesco con le sue opere, impreziosì i giardini e i grandi saloni.[12]
Nel 1899 si sposò con la Principessa Vittoria Eisner Von Eisenhof, che divenne la sua musa ispiratrice per vari lavori successivi.
Da lei acquisì, secondo la consuetudine del tempo (già ratificata coi Reali Dispacci del 4 e 24 Aprile 1828, e confermata poi dalle disposizioni del "Regio Decreto 16 giugno 1927, n. 1091, che contiene norme integrative e dichiarative ai Regio Decreto 16 agosto 1926, n. 1489"), il titolo di Principe Margravio, mantenuto fino alla morte (come disposto dall'Art. 3 del detto Decreto), e quello di Nobile di Eisenhof.
Dal ramo della famiglia Morani gli venne anche il titolo di Nobile dei Baroni di Gagliato.
Scolpì teste possenti, come quelle di Giosuè Carducci, di Francesco Crispi e Finali. Modellò busti: Fiorentino, Teresa Ravaschieri, Andrea Cefaly, Di Rudinì, Rattazzi, e più recentemente Gioacchino Toma e Rubens Santoro.
Jerace scolpì numerosi monumenti e sculture a Reggio Calabria, tra cui il Monumento ai caduti di tutte le guerre, il pulpito marmoreo con le palme e le sculture di San Paolo e Santo Stefano di Nicea presso il Duomo, il Monumento a Giuseppe De Nava, dove è eternato il padre con lo squadro in mano nell'altorilievo frontale.
Jerace si espresse maggiormente nell'arte sacra e nell'arte allegorica, iniziò come scultore con monumenti di arte funebre, ma l'opera più nota dell'artista è certamente la scultura presente al Vittoriano di Roma: L'azione.
Non tardarono ad arrivare anche riconoscimenti onorifici di prestigio: divenne Professore Onorario alle Accademie di Belle Arti di Milano, Bologna e Napoli; nel 1891 ricevette l'invito a far parte della commissione permanente di Belle Arti del ministero della Pubblica Istruzione, di cui divenne membro. Fu insignito del titolo di Grande Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia, con decreto datato al 29 ottobre 1903 (pubblicazione: Gazzetta Ufficiale n.50, 1º marzo 1904), e pochi anni dopo di quello di Commendatore dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, con decreto datato al 13 agosto 1911 (pubblicazione: Gazzetta Ufficiale n.187, del 5 agosto 1912).
Fortunato Jerace si è sposato con Maria Rosa Morani dei Baroni di Gagliato, figlia di Francesco Morani, nato nel 1804 a Polistena. È padre di cinque figli e due figlie: i più conosciuti sono Francesco,[4] Vincenzo e Gaetano; gli altri due figli sono Marino e Michelangelo. Marino, deputato al Parlamento, visse a Roma e poi ad Arcidosso (Grosseto). Michelangelo, Professore di scherma e ginnastica, istituì la Educazione fisica nelle scuole della Capitale. Le figlie sono le sorelle Anna e Maria Stella.
[16][17][18][19] A tale geniale prole è legata gran parte della storia artistica e culturale calabrese della metà dell'Ottocento, la figlia di Fortunato, Maria Stella sposa Raffaele Longo di San Giorgio Morgeto, diede alla luce: Felice (musicista), e Fortunato (scultore).[14]
Francesco e Vincenzo Jerace si formarono nell'Accademia di Belle Arti di Napoli. Gaetano, che studiò pittura sotto la guida di Francesco Lojacono, ebbe un discreto successo soprattutto all'estero. A Michelangelo (quinto fratello), sono legati tantissimi studi e pubblicazioni sulla ginnastica e l'educazione fisica.
Francesco Jerace, Monumento ai caduti di PolistenaMonumento ai caduti di Polistena, part. con la Bellona alata bronzea sul cannone
Il 18 gennaio 1937, scomparso Francesco Jerace, all'età di 74 anni, nel suo testamento del 21 giugno 1926, non dimentica la casa paterna di Polistena: che la lascia a sua sorella Anna "finché avrà vita poi giudicherà opportuno Mariarosa" (figlia dello stesso Francesco).[20]
«La casa di Polistena resta a mia sorella Anna finché avrà vita poi giudicherà opportuno Mariarosa (figlia dello stesso Francesco) di disporre o dandola come appendice dell'Ospedale di S. Maria degli Ungheresi o al Comune per scuola facendola adibire all'insegnamento del cucito. Le mie 87 azioni della Banca Popolare servirebbero pure a tale scopo…»
(Francesco Jerace, testamento 18 gennaio 1937)
La casa si trova sulla via Domenicani, a poca distanza della casa di Francesco Morani scultore e professore di stucchi e di architettura primogenito e fratello terzogenito pittore prima a Napoli e poi a Roma.
Mariarosa Jerace, Il 19 ottobre del 1964, scrive una lettera al sindaco dell'epoca, dicendo che dona la casa natale di Francesco Jerace. Il sindaco rispose disponibile all'accettazione che, però, rinviò o addirittura dimenticò, tanto che, due anni dopo, e precisamente nel 1966, Maria Rosa, con atto notarile, donò all'amministrazione provinciale di Catanzaro, n. 34 opere ed alcuni attrezzi di lavoro del padre Francesco. Nel trigesimo della morte di Francesco Jerace, allorquando Polistena gli tributò solenni e commosse onoranze, sulla facciata della casa natale di via Domenicani, fu sistemata la lapide marmorea, ancora visibile e in precarie condizioni, dettata dal commendatore Raffaele Valensise:
«In questa casa il XXVI luglio MDCCCLIII nacque Francesco Jerace scultore insigne morto a Napoli il XVIII gennaio MCMXXXVII a perenne memoria del grande polistenese il cui nome varcò i confini d'Italia i suoi concittadini questo marmo posero XX febbraio MCMXXXVII – XV»
Il monumento ai caduti di Polistena
Il monumento ai caduti della prima guerra mondiale, si trova al centro della Piazza del Popolo. La Bellona, una vittoria alata bronzea su un cannone, posta su la roccia di pietra che fa da base, su delle lastre di marmo bianco, sono incisi i nomi dei 181 caduti nella prima guerra mondiale.[14][21]
^Fortunato Morano (1773-1836) che apparteneva a una famiglia di decoratori del Catanzarese, attiva già nel corso del XVIII secolo, trasferì la sua bottega a Polistena, ove fu partecipe del clima di rinnovamento culturale e artistico che caratterizzò il contesto vibonese dopo il terremoto del 1783 e che animò la cerchia di artisti, riunitasi intorno all'archeologo ed erudito Vito Capialbi. Tra le sue opere si ricorda il ciclo di stucchi nella chiesa di San Leoluca a Monteleone, realizzati attorno al 1818 su disegni di Emanuele Paparo, in cui sono evidenti i riferimenti alla scultura di Antonio Canova e di Bertel Thorvaldsen e, in particolare, ai bassorilievi eseguiti dall'artista danese fra il 1805 e il 1807, per il fonte battesimale dell'abbazia di Brahetrolleborg.
^ Società Promotrice di Belle Arti in Napoli, Catalogo per la 8ª esposizione 1871; Rendiconto per la 7ª esposizione 1870; Statuto, Napoli, stab. tip. Rocco, 1871, SBNIT\ICCU\NAP\0346859.
^Francesco era il fratello più grande della famiglia Morani, proseguì l'attività della bottega paterna (di Fortunato), avviando una vasta produzione di opere devozionali, sculture e decorazioni in stucco e legno per le chiese del Reggino (Polistena, chiesa di S. Francesco di Paola, chiesa del SS. Rosario). Alla scuola di Francesco si formarono il nipote Francesco Jerace e Giuseppe Renda. Morì a Polistena nel 1878. Il terzogenito di Fortunato, Domenico, nacque a Polistena nel 1824, si trasferì a Roma dal fratello di Vincenzo; fu allievo di Canova e Pietro Tenerani e si specializzò nella produzione di sculture sia in gesso sia in marmo di impronta purista. Nel 1843 eseguì per il teatro della villa Torlonia due sculture raffiguranti rispettivamente Menandro e Hendel. Nella chiesa dei Ss. Apostolì si conservano due Angeli in marmo 1859. Nel 1861 a Firenze espose la statua Silvia l'amante di Aminta. A Napoli (Conservatorio di S. Pietro a Maiella) si conserva un suo Busto di Vincenzo Bellini, morì a Roma nel 1870.
^Chiesa di San Francesco di Paola di Polistena, stucchi di tutta la chiesa dei Morani come contratto del 6 settembre 1855 che si conserva ancora.
^Galatro, la chiesa della Madonna della Montagna, la statua lignea, in stucchi fu eseguito da Francesco Morani nel 1841. La scultura della Madonna si conserva il bozzetto e metà della statua in creta bianca e da dire inoltre che la madonna di Galatro rispecchia quella della Montagna di Taurianova scolpita dal figlio Fortunato Morani.