Inoltre, Gertrude donò alcuni corredi d'altare[6], che come reliquie della successiva cattedrale, costituirono la base del tesoro dei Guelfi dei secoli successivi. Lo studioso De Winter nomina quattro pezzi che Gertrude probabilmente commissionò: due grandi croci (la cosiddetta "Croce di Gertrude" e la "Croce di Liudolfo", entrambe create poco dopo il 1038), un altare portatile (Tragaltar) e il reliquiario a forma di braccio di san Biagio[5]. Solo il reliquiario a forma di braccio si trova ancora oggi all'Herzog Anton Ulrich-Museum, dove fu trasferito nel 1829[7]. L'oggetto noto come "Gertrudistragaltar", invece, si trova al Cleveland Museum of Art negli Stati Uniti da quando è stato venduto nel 1930[8]. Lì si trovano anche le due croci processionali[9].
Liudolfo morì nel 1038 e fu il primo ad essere sepolto nel nuovo luogo di sepoltura[5]. Da quel momento in poi, Gertrude si occupò dell'educazione dei loro figli minorenni, cercando di mantenere e rafforzare le tradizioni familiari dei Brunonidi. Gertrude fu sepolta al fianco di suo marito 39 anni dopo. Quando la sua tomba fu aperta nel 1668, all'interno furono trovati frammenti di una piccola tavoletta di piombo (7,5×10,5 cm)[10], probabilmente parte di un epitaffio, con l'iscrizione:
(LA)
«Hic requiescit Gertrudis devota Christi famula. XII Kal. Augusti»
(IT)
«Qui riposa Gertrude, devota serva di Cristo»
(Hermann Dürre: Geschichte der Stadt Braunschweig im Mittelalter. S. 51.)
La tavoletta è ora anche nell'Herzog Anton Ulrich-Museum[11].
Nel 1173, Enrico il Leone iniziò la costruzione di una nuova cattedrale, probabilmente nello stesso luogo in cui fino ad allora si trovava la collegiata e la tomba di Gertrude[12]. Nel 1935, in epoca nazionalsocialista, furono riesumate le spoglie di Gertrude, Enrico il Leone e della sua seconda moglie Matilde. Gertrude fu quindi sepolta in una nuova cripta in una bara comune di pietra insieme alle spoglie del margravio Egberto II di Meißen e di sua nipote Gertrude la Giovane.
La "Gertrudenstraße" di Braunschweig prende il nome dalla nipote Gertrude la Giovane di Braunschweig, morta nel 1117[13].
Note
^Dürre: Geschichte der Stadt Braunschweig im Mittelalter, Braunschweig, Braunschweig 1861, S. 51
^abcPatrick M. de Winter: Der Welfenschatz. Zeugnis sakraler Kunst des Deutschen Mittelalters. Hannover 1986, ISBN 3-924415-07-2, S. 29.
^Döll: Die Kollegiatstifte St. Blasius und St. Cyriacus zu Braunschweig. S. 21.
^Gisela Bungarten, Jochen Luckhardt (Hrsg.): Welfenschätze. Gesammelt, verkauft, durch Museen bewahrt. Ausstellungskatalog Herzog Anton Ulrich-Museum, Michael Imhof Verlag, Braunschweig 2007, ISBN 978-3-86568-262-8, S. 44.
^Dietrich Kötzsche: Der Welfenschatz. In: Jochen Luckhardt, Franz Niehoff (Hrsg.): Heinrich der Löwe und seine Zeit. Herrschaft und Repräsentation der Welfen 1125–1235. Katalog der Ausstellung Braunschweig 1995, Band 2, München 1995, ISBN 3-7774-6900-9, S. 513.
^Jürgen Hodemacher: Braunschweigs Straßen – ihre Namen und ihre Geschichten, Band 2: Okergraben und Stadtring. Cremlingen 1996, ISBN 3-927060-12-7, S. 192f.
Bibliografia
Ernst Döll: Die Kollegiatstifte St. Blasius und St. Cyriacus zu Braunschweig. In: Braunschweiger Werkstücke. Band 36. Waisenhaus-Buchdruckerei und Verlag, Braunschweig 1967.
Hermann Dürre: Geschichte der Stadt Braunschweig im Mittelalter, Braunschweig. Braunschweig 1861.
Regine Marth: Gertrud (d.Ä.). In: Horst-Rüdiger Jarck, Dieter Lent u. a. (Hrsg.): Braunschweigisches Biographisches Lexikon – 8. bis 18. Jahrhundert. Appelhans Verlag, Braunschweig 2006,ISBN 3-937664-46-7, S.258f.