Sicilia, 1950. La giovane Debrha è arrivata in paese con il marito Turi. Le donne del paese non l'accolgono nella comunità, dandole della strega, soprattutto a causa del colore della pelle e per la sua bellezza.
Debrha poco prima di essere lapidata dalle donne del paese
Il "Turco", padrone delle solfare e quindi potente locale cui piacciono le belle donne e ne fa quello che vuole, arde di desiderio per Debrha, la quale, dopo aver perso il marito Turi per un incidente mortale in cava, cede alle sue insistenze. La matura moglie vuole porre fine alla relazione extraconiugale del marito e per questo chiama in aiuto il figlio Michelino che si trovava a Roma per studiare. Ma anche Michelino s'innamora di Debrha dando origine a un conflitto con il padre che si concluderà solo con la morte di Debrha, lapidata dalle donne del paese.
La moglie del "Turco", partecipe alla lapidazione, vedendo la sofferenza del figlio nel ritrovare la sua amata morta, cade a terra sofferente per compassione.
Nella prima revisione cinematografica datata 10 aprile 1975 fu accorciata una sola scena, quella raffigurante il Turco e Debrha avere un rapporto sessuale, rimuovendo i fotogrammi in cui si vede l'uomo che si colloca tra le gambe della donna; con quest'unico taglio la commissione concede il nulla-osta col divieto di visione ai minori di 18 anni «in quanto il film illustra la passione morbosa di un padre e di un suo figlio per la stessa donna, che finisce lapidata in una scena di cruda violenza, nonché diverse scene erotiche».[3]
Il 3 maggio successivo, col film già in proiezione nelle sale, fu effettuata una seconda revisione, probabilmente per volere della stessa casa di produzione al fine di ridurre il divieto ai minori di 14 anni; questo riesame portò alla riduzione di due ulteriori scene: furono accorciate la scena del rapporto erotico tra la cameriera e il Turco, eliminando il movimento della testa della ragazza verso il basso e la scena d'amore tra il Turco e Debhra, eliminando i fotogrammi delle anche nude della donna, per complessivi tagli di 5,70 metri di pellicola.[3]
«[...] Un curioso fumetto di sapore «neorealistico» dove le rivendicazioni salariali dei minatori, i padroni autoritari, gli amori travolgenti, la rabbia superstiziosa e ignorante del «coro» popolare, si mescolano a scopiazzature che vanno dalle donne nero-velate della Terra trema fino a certi toni melodrammatici di Non c'è pace tra gli ulivi. Pier Ludovico Pavoni sembra aver tentato un'operazione di gusto «retrò», oggi di moda, ispirandosi a certi esempi epico-popolari del cinema neorealista. Un gioco molto ambizioso. Ma il regista non ha né il mestiere né le idee sufficienti per riscattare un soggetto tanto banale e una sceneggiatura fiacca e corriva. Il risultato è un fotoromanzo in cui Franco Gasparri, nel ruolo del giovane bello, onesto e innamorato, si trova perfettamente a suo agio. Quelli che tentano di recitare sono Francisco Rabal, Ettore Manni e la disorientata Clara Calamai.»
«Il fascino provocato da una donna nera, quindi diversa come mentalità, aspetto, cultura, calata in una realtà per molti aspetti arretrata, chiusa, difficile viene analizzato in maniera precisa e spietata da Pier Ludovico Pavoni [...] con un tono da melodramma cupo, che pare quasi ispirarsi al Verga più carnale [...]»
(Gian Luca Castoldi, Erotismo d'autore: da Federico Fellini a Tinto Brass, 2006[6])