L'espressione poeta maledetto (in francese poète maudit) qualifica in generale un poeta (ma anche un musicista, o artista in genere) di talento che, incompreso, rigetta i valori della società, conduce uno stile di vita provocatorio, pericoloso, asociale o autodistruttivo (in particolare consumando alcol e droghe), redige testi di una difficile lettura e, in generale, muore ancor prima che al suo genio venga riconosciuto il suo giusto valore.
La nozione romantica di maledizione del poeta appare già nel 1832 nell'opera di Alfred de VignyStello, che espose il problema dei rapporti tra poeti e società, anticipante la pièceChatterton[1]:
(FR)
«[…] du jour où il sut lire il fut Poète, et dès lors il appartint à la race toujours maudite par les puissances de la terre…»
(IT)
«[…] dal giorno in cui egli seppe leggere fu Poeta, e da allora appartenne alla razza sempre maledetta dalle potenze della terra…»
Figura tragica spinta agli estremi, sprofondata non di rado nella demenza, l'immagine del poète maudit costituisce il vertice insuperabile del pensiero romantico e decadente. Esso domina una concezione della poesia caratteristica della seconda metà del XIX secolo.
In Italia, sull'onda del mito romantico del reprobo, definito anche Maledettismo, viene a svilupparsi la Scapigliatura, una corrente non organizzata di poeti legati con modello Baudelaire, movimento a cui appartengono, tra gli altri, i poeti Emilio Praga, Vittorio Imbriani, Aldo Marotta, Mirko Credendino,
L'ideologia dei poeti maledetti si basa su un pensiero ribelle e rivoluzionario nei confronti della società. I poeti che fanno parte di questa corrente hanno solitamente un'acconciatura alquanto strana per l'epoca: capelli lunghi e arruffati, tanto da venir definiti "Scapigliati".
La morte, l'indifferenza e la ribellione costituiscono gli elementi fondamentali del Maledettismo: esso può ritenersi derivato dalla ritenuta impossibilità dell'artista di esprimere il suo essere nella sua società contemporanea; la società borghese è la prigione dell'artista, che finirà per cercare espressioni che sfoceranno oltreché nella Scapigliatura, nel Dadaismo e nell'Ermetismo.
Arthur Rimbaud è un caso a parte. Se consideriamo la lettera, con inclusa la poesia Ce qu'on dit au Poète à propòs de Fleurs, spedita da Rimbaud al parnassianoThéodore de Banville, appare chiaro la rottura con quel mondo letterario. Rimbaud brucia le tappe, e quando scrive Une Saison en Enfer ha già scavalcato il muro, ed è lontanissimo, sottoterra. Fa tabula rasa di tutto ciò che poteva commuoverlo al mondo, compresa la forma e qualsiasi ideale poetico, chiudendo con tutto il passato, compreso Baudelaire, giudicandolo vissuto in un ambiente troppo artistico.
[…] Baudelaire è il primo veggente, re dei poeti, un vero Dio. Benché vissuto in un ambiente troppo artistico; e la forma tanto vantata è in lui meschina. Le invenzioni dell'ignoto richiedono forme nuove.[3]
La poesia, per Rimbaud è un modo di cogliere l'essenza profonda della realtà. Il poeta è il veggente in grado di rivelare questa realtà sconosciuta, e in merito a ciò risulta particolarmente significativa la lettera del 15 maggio 1871 di Rimbaud indirizzata a Paul Demeny, la cosiddetta Lettera del Veggente, nella quale ribadisce una totale sregolatezza dei sensi[4] per giungere all'Ignoto (Inconnu).
«Je veux êtri poète, et je travaille à me rendre voyant : vous ne comprendrez pas du tout, et je ne saurais presque vous expliquer. Il s'agit d'arriver à l'inconnu par le dérèglement de tous les sens. Les souffrances sont énormes, mais il faut être fort, être né poète, et je me suis reconnu poète.»
(IT)
«Voglio essere poeta, e io lavoro per rendermi veggente: voi non potreste capirci abbastanza, e io non saprei come spiegarvi. Si tratta di arrivare all'ignoto mediante una sregolatezza di tutti i sensi. Le sofferenze sono enormi, ma bisogna essere forti, essere nato poeta, e io mi sono riconosciuto poeta.»
(J. A. Rimbaud, lettre à Georges Izambard, Charleville, 13 maggio 1871.)
Il marchio infamante di maledettoRimbaud se l'è meritato più di chiunque altro, per la sua lucida rivolta, per la sua intelligenza, per la sua indefessa tenacia nel volere metodicamente scardinare l'ovvio, facendo piazza pulita di ogni tipo di categorizzazione, tanto da potersi definire lui stesso come un essere senza cuore.
Sviluppi del mito del Maledetto
L'appellativo venne usato anche in riferimento a Olindo Guerrini, poeta italiano vissuto verso la fine del XIX secolo e, più giustamente, a un altro autore italiano, Dino Campana, la cui poetica visionaria è stata spesso accostata a quella dei maudits; chiarissimo è infatti l'influsso di questi ultimi nell'opera Canti Orfici.
Un forte legame moderno coi "maudits" e in particolare con Rimbaud si ravvisa nella poetica e nella musica di Jim Morrison.
Il mito dell’artista maledetto ugualmente riecheggia in molti gruppi e cantanti del jazz e del rock. A Patti Smith, in particolare, è stato attribuito il soprannome di "sacerdotessa maudit del rock".
^[…] Baudelaire est le premier voyant, roi des poètes, un vrai Dieu. Encore a-t-il vécu dans un milieu trop artiste; et la forme si vantée en lui est mesquine. Les inventions d'inconnu réclament des formes nouvelles. - Lettera (detta del Veggente) del 15 maggio 1871 di Arthur Rimbaud indirizzata a Paul Demeny,