«A dar retta ai teorici dell'obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell'assassinio di sei milioni di ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché pazzo. Dunque quel delitto non è mai avvenuto perché non ha autore.»
(don Lorenzo Milani, L'obbedienza non è più una virtù, 1965)
I responsabili dell'Olocausto furono i vertici politici, civili e militari del regime nazista[1] che idearono, pianificarono e condussero, dal 1938 al 1945, il genocidio sistematico di milioni di persone[2] ritenute "indesiderabili" (ebrei, rom, disabili, omosessuali, religiosi e altri) che in quanto tali ne finirono vittime[3]. Ugualmente responsabili furono i capi collaborazionisti di quei regimi fascisti europei che, alleati del Terzo Reich, cooperarono alle operazioni di sterminio[4][5][6].
Esecutori zelanti ed efficaci dell'Olocausto furono le forze di polizia e le SS, cui furono affidate le operazioni di rastrellamento e di massacro, nonché la gestione dei ghetti, dei campi di concentramento e di sterminio, operazioni gestite e rapportate al loro capo e supervisiore supremo, Heinrich Himmler[7][8]. Un ruolo particolare fu esercitato da un gruppo di dottori, che in nome di teorie pseudo-scientifiche sulla razza si fecero complici attivi dello sterminio[9].
L'Olocausto non sarebbe stato possibile senza la complicità, l'indifferenza[10] e in molti casi l'attiva partecipazione di buona parte dell'opinione pubblica europea, condizionata dalla diffusione di sentimenti razzisti e antisemiti persino nei paesi che si opponevano al regime nazista[11]. Al tempo stesso se ci furono superstiti dell'Olocausto è anche perché molti furono coloro che al genocidio si opposero, rifiutandosi di prenderne parte attiva o addirittura proteggendo i perseguitati, spesso a rischio della propria vita (come fu il caso dei cosiddetti giusti tra le nazioni). Gli elenchi seguenti non sono ovviamente esaustivi, ma intendono semplicemente evidenziare le responsabilità individuali di chi, per propria scelta e ricoprendo incarichi di potere, più direttamente contribuì al progetto di genocidio dell'Olocausto.
I vertici politici e militari della Germania nazista
L'antisemitismo fu fin dall'inizio uno dei cardini del progetto politico di Adolf Hitler, il quale si pose come obiettivo l'annientamento del popolo ebraico in Europa che troverà il suo culmine nella soluzione finale dell'Olocausto.[12] Le dimensioni "industriali" raggiunte dall'Olocausto - dallo sfruttamento della manodopera per il lavoro coatto, al trasporto e sterminio degli "inabili", al sequestro dei beni delle vittime - richiesero vaste complicità organizzative che coinvolsero direttamente tutti gli uomini al vertice del regime nazista. Non solo essi erano a piena conoscenza dei programmi di sterminio, ma ad essi contribuirono attivamente.[13]
Morto suicida nel 1945. I suoi resti vengono rinvenuti nel 1972, ed identificati nel 1998.[16][17] in mancanza di dati certi sulla sua sorte, al Processo di Norimberga è condannato a morte in contumacia.
Ministro per gli armamenti del Terzo Reich. Come tale è a conoscenza dei programmi di sfruttamento di manodopera in stato di schiavitù presso le industrie belliche tedesche.
Unico tra i gerarchi nazisti ad assumersi (almeno in parte) le proprie responsabilità al processo di Norimberga. Scontò 20 anni di prigione nel carcere di Spandau.
I responsabili delle operazioni di sterminio nei territori occupati
È nei territori dell'Europa dell'Est che prese forma la soluzione finale. La gestione dell'elevato numero di ebrei ivi residenti richiese un grado elevato di coordinazione tra tutte le componenti, militari, civili e industriali del Terzo Reich. Fu in questi territori che si sperimentarono tecniche sempre più sofisticaste di sterminio di massa e vennero costruiti i campi di sterminio dove furono inviati a morire persone da tutta Europa. Le persone che governarono i territori dell'est furono coloro che sul campo inventarono le soluzioni e resero possibile la soluzione finale. Nei territori dell'Europa occidentale l'Olocausto si configuro' essenzialmente come un'operazione di polizia volta al rastrellamento e all'invio "ad est" delle vittime designate. Zelanti funzionari di polizia nazista operarono in Francia, nei Paesi Bassi, Belgio, Norvegia e quindi nella Repubblica Sociale Italiana.[18]
Capo dell'ufficio della Gestapo per gli Affari Ebraici(RSHA Sub-Department IV-B4). Organizzò il traffico ferroviario per il trasporto degli ebrei ai vari campi di concentramento.
Sfugge all'arresto, rifugiandosi in Argentina, dove però nel 1960 è scoperto e rapito da agenti del servizio segreto israeliano. Processato in Israele, è condannato a morte per impiccagione nel giugno 1962.
Comandante della divisione SS Totenkopf (Testa di morto), comandante del campo di concentramento di Dachau, e «capo dell'Istanza centrale di controllo e gestione del sistema concentrazionario».
Muore in combattimento, abbattuto in volo dal fuoco russo.
Fratello maggiore di Rolf Günther. Capo dell'Ufficio Centrale per l'Emigrazione Ebraica a Praga, 1939–1945. Diresse la realizzazione della soluzione finale nel Protettorato di Bohemia e Moravia
Assistente di Adolf Eichmann nell'Ufficio Affari Ebraici della Gestapo e capo della sezione per l'Emigrazione (ovvero le deportazioni). In particolare organizzò la deportazione e lo sterminio di massa degli ebrei greci.
Assistente di Adolf Eichmann nell'Ufficio Affari Ebraici della Gestapo con responsabilità per il settore Trasporti
Arrestato nel 1961; processato e assolto nel 1964 e 1966. Condannato alfine nel 1969 a 9 anni di prigione, ridotti a 7 nel 1972. Graziato dal Presidente dell'Austria per buona condotta.
Condannato nel 1947 all'ergastolo, fugge dall'ospedale militare dove era ricoverato nel 1976.
Le squadre della morte
In una prima fase gli eccidi furono compiuti da speciali reparti militari (Einsatzgruppen), che operarono sul fronte orientale con il compito di eliminare gli elementi che per motivi politici o razziali erano considerati ostili o semplicemente indesiderabili.[19] Le uccisioni venivano compiute tramite fucilazioni di massa e quindi anche con l'uso di autocarri trasformati in camere a gas mobili alimentate degli scarichi di monossido di carbonio. Oltre un milione e mezzo di persone (incluse donne, vecchi e bambini) furono uccisi dalle squadre della morte, tra cui un milione di ebrei. I reparti agivano alle dirette dipendenze di Heinrich Himmler, ma con il supporto delle SS e dei vertici militari tedeschi operanti sul fronte russo. Generali come Walter von Reichenau, Erich Hoepner e Erich von Manstein non solo conoscevano ma direttamente sostennero il lavoro degli Einsatzgruppen.
La costruzione dei campi di sterminio rappresenta la fase finale nel programma di sterminio.[20] L'utilizzo di impianti fissi permise di imprimere un ritmo più spedito ed "efficiente" all'eliminazione dei prigionieri. L'uccisione nelle camere a gas offriva un sistema non solo più rapido ma più impersonale per il personale tedesco. A gestire i campi furono impiegati reparti SS, che si dedicarono al compito con grande zelo. Con il tempo ne perfezionarono i meccanismi, suggerendo continuamente nuove soluzioni. Per quanto i campi offrissero l'opportunità di un lavoro più "pulito" e lontano da occhi indiscreti, va comunque ricordato che la concentrazione e il trasporto dei prigionieri verso i campi comportarono sforzi logistici non indifferenti, a cui migliaia di persone dettero il loro contributo.
Assistente di Reinhard Heydrich. Progetta la trasformazione di autocarri in camere a gas mobili. Comandante SS e Gestapo nel nord-est italiano, 1943-44.
Arrestato, fugge rifugiandosi in Siria nel 1948 e quindi in Ecuador nel 1949 e Cile nel 1958, dove muore di cause naturali nel 1984, nonostante ripetute richieste di estradizione.
La politica razzista nazista era basate su teorie pseudo-scientifiche. I medici esercitarono un ruolo importante nella definizione dell'appartenenza individuale alle "razze inferiori", nei primi programmi di eutanasia, e quindi nei campi di concentramento nel processo di selezione di coloro che fossero abili al lavoro o al contrario dovessero essere eliminati, e nella conduzione di esperimenti che utilizzassero i prigionieri come cavie.[21] Il Processo ai dottori fu il primo dei dodici Processi secondari di Norimberga che le autorità militari statunitensi indissero a Norimberga nel dopoguerra.
Condannato una prima volta a 25 anni di prigione nel 1948, ma poi rilasciato nel 1955. È arrestato di nuovo ma muore per un attacco cardiaco prima del nuovo processo.
Il regime nazista sollecitò da parte dei suoi alleati l'adozione delle medesime misure di persecuzione e sterminio in vigore nel Terzo Reich e le impose nei territori direttamente amministrati.[22] La situazione tuttavia variò sensibilmente da paese a paese.[23]
Danimarca, Finlandia e Bulgaria offrono l'esempio di paesi alleati della Germania le cui autorità si rifiutarono di consegnare i "propri" ebrei ai campi di sterminio (anche se si fecero alcune eccezioni per gli ebrei "stranieri"). Anche l'Italia di Benito Mussolini (fino al 1943) e l'Ungheria di Miklós Horthy (fino al 1944) si posero inizialmente su questa linea, pur applicando leggi razziali e prendendo provvedimenti restrittivi nei confronti degli ebrei "stranieri".
Il governo di Vichy in Francia, la Slovacchia, la Norvegia e quindi la Repubblica Sociale Italiana (dal settembre 1943) e l'Ungheria di Döme Sztójay (dal marzo 1944) si allinearono alle politiche naziste di genocidio, accettando di consegnare i propri ebrei per lo sterminio e disinteressandosi della loro sorte. In alcuni paesi, come la Croazia di Ante Pavelić, la Romania di Ion Antonescu o l'Ungheria di Ferenc Szálasi, dove al potere vennero i capi di partiti fanaticamente antisemiti, forze locali non solo presero parte attiva alle operazioni di arresto e rastrellamento, ma si resero protagoniste anche di iniziative autonome di sterminio. È il caso della Guardia di Hlinka in Slovacchia, della Guardia di Ferro in Romania, degli Ustascia in Croazia e delle Croci Frecciate in Ungheria, così come dei numerosi gruppi antisemiti formatisi in Lituania, Lettonia, Estonia, Bielorussia e Ucraina.[24]
Fondatore del movimento nazionalista degli Ustascia. Poglavnik (Guida) dell'autoproclamato "Stato indipendente di Croazia", 1941-1945. Responsabile della repressione contro serbi, ebrei, zingari e comunisti, per i quali venne creato il campo di concentramento di Jasenovac.
Fuggito in Argentina, fu soggetto nel 1957 ad un tentato omicidio. Morirà due anni dopo in Spagna in conseguenza delle ferite riportate
Duce del fascismo in Italia e uno dei principali alleati di Hitler. Pur avendo imposto leggi razziali e preso provvedimenti antiebraici, si rifiutò fino al 1943 di consegnare i "propri" ebrei allo sterminio, come invece avvenne dopo l'8 settembre 1943 con la nascita della Repubblica Sociale Italiana.
Primo ministro della Slovacchia, 1939-1944. Fu tra i più convinti sostenitori della legislazione antisemita messa in atto dal regime e della cooperazione con il Terzo Reich nella deportazione degli ebrei slovacchi nei campi di concentramento nazisti,
Leader delle Croci frecciate ungheresi. Durante il suo breve governo (dall'ottobre 1944 al marzo 1945) si rese direttamente responsabile dell'uccisione di migliaia di ebrei in Ungheria.
Ernst Klee, Willi Dreben, Volker Rieb, «Bei tempi» - Lo sterminio degli ebrei raccontato da chi l'ha seguito e da chi stava a guardare, (titolo originaleːSchöne Zeiten - Judenmord aus der Sicht der Täter und Gaffer), Firenze, Giuntina, 1990 (2005ːterza edizione), ISBN 978-88-8594-353-7