Per Freda il cinema è innanzitutto "azione, emozione, tensione, velocità" e ciò che gli interessa raccontare non è "l'uomo banale, l'uomo quotidiano" ma "l'eroe": "l'uomo che vive epoche grandiose, di grandi conflitti"[4]. A differenza di altri registi di questo periodo, come Antonio Margheriti e Mario Bava, Freda ebbe la possibilità di lavorare in film con budget piuttosto elevati, ottenendo risultati tecnici egregi. Freda dichiarò che il negativo del suo Spartaco fu comperato per 50.000 dollari dai produttori del più famoso film realizzato da Stanley Kubrick per impedirne una riedizione[5].
Nel libro di memorie Divoratori di celluloide ha lasciato una sua definizione del cosiddetto "film dell'orrore": "Nulla a che vedere con la rappresentazione oggettiva di qualche mostro. È un espediente che ritengo di qualità inferiore, quasi da carnevale di Viareggio della cui cartapesta ci si serve per incutere spavento ai più sprovveduti". L'orrore, secondo Freda, "è quello radicato dentro di noi fin dalla nascita. È un terrore atavico che probabilmente risale ai primordi dell'uomo delle caverne, quando gli esseri che formavano ancora un anello di transizione fra la scimmia e i primi umanoidi si rintanavano nel profondo delle loro grotte, malamente illuminate dallo stanco bagliore di qualche focolare, mentre fuori, nel buio immenso di quelle notti senza fine, si scatenavano tempeste di violenza apocalittica («diluvio universale») ed echeggiavano spaventosi barriti e ruggiti di mastodontiche fiere"[6].
^«Per carità. Il neorealismo è stata la peggiore espressione del cinema. Filmare la realtà più drammatica è facile: basta entrare in un lebbrosario con la cinepresa, sai che film». Gloria Satta, Freda: «Attori, che gentaglia e i nostri "grandi" registi pure», in Il Messaggero, n. 170, 24 giugno 1996, p. 16.