La stephanite (simbolo IMA: Sph[5]) è un minerale relativamente raro della classe dei minerali di "solfuri e solfosali" con la composizione Ag5[S|SbS3][6] e quindi chimicamente un solfuro complesso di argento-antimonio che appartiene strutturalmente ai solfosali.
La stephanite era già nota ai minatori nel Medioevo come un minerale ricco d'argento, ma con i nomi di sprödglaserz (in tedesco: minerale di vetro fragile), termine che fu adottato anche da Abraham Gottlob Werner (1789) nei suoi documenti mineralogici. Tuttavia, a causa di cambiamenti fonetico-linguistici, ai tempi di Werner glas (in tedesco: vetro) fu ancora cambiato in glanz (in tedesco: lucentezza), motivo per cui l'Handbuch der Mineralogie (1813) di Johann Friedrich Ludwig Hausmann usa il termine sprödglanzerz. Occasionalmente, circolavano anche termini come schwarzgülden(in tedesco: oro nero) oppure schwarzerz (in tedesco: minerale nero) in riferimento al colore spesso nero della stephanite.[7][8]
Poiché la stephanite era conosciuta e riconosciuta come specie minerale a sé stante molto prima della fondazione dell'Associazione Mineralogica Internazionale (IMA), questa è stata adottata dalla sua Commissione per i nuovi minerali, la nomenclatura e la classificazione (CNMNC) e si riferisce alla stephanite come un cosiddetto minerale "grandfathered" (G).[13]
Classificazione
Già nell'obsoleta 8ª edizione della sistematica minerale secondo Strunz, la stephanite apparteneva alla classe minerale dei "solfuri e solfosali" e lì alla sottoclasse dei "solfuri complessi (solfosali)", dove insieme ad alaxite (screditata come miscela minerale), pearceite di antimonio, polibasite di arsenico (riclassificata come politipo della pearceite), pearceite, polibasite, benjaminite, smithite, tapalpite (screditato come miscela minerale) e trechmannite formava il sistema nº II/D.03.
Nella Sistematica dei lapislazzuli secondo Stefan Weiß, che è stata rivista e aggiornata l'ultima volta nel 2018 e che si basa ancora su questa vecchia forma di classificazione di Strunz per rispetto dei collezionisti privati e delle collezioni istituzionali, al minerale è stato assegnato il sistema e il minerale nº II/E.06-010. In questa Sistematica ciò corrisponde anche alla classe "Solfosali (S:As,Sb,Bi = x)", dove la stephanite forma un gruppo indipendente, ma senza nome, insieme ad arcubisite, fettelite e selenostephanite.[14]
La classificazione dei minerali secondo Dana, che viene utilizzata principalmente nel mondo anglosassone, classifica la stephanite nella classe dei "solfuri e solfosali" e lì nella sottoclasse dei "solfosali"; la si trova elencata insieme a selenostephanite nel "gruppo della stephanite" con il sistema nº 03.02.04 all'interno della suddivisione dei "solfosali con il rapporto z/y = 4 e la composizione (A+)i(A2+)j[ByCz], A = metalli, B = semimetalli, C = non metalli".
Noti per gli straordinari ritrovamenti di stephanite con cristalli di diversi centimetri di dimensioni sono Příbram (in Boemia Centrale) e Jáchymov (nella Repubblica Ceca), così come la miniera di Chispas vicino ad Arizpe nello stato di Sonora (Messico).[19]
Altri siti sono sparsi per il mondo in diversi Paesi.[17][18]
Utilizzi
A causa del contenuto di argento fino al 68%, la stephanite è un importante minerale d'argento.[20]
Forma in cui si presenta in natura
La stephanite di solito sviluppa cristalli corti, da prismatici ad aghiformi e a strisce longitudinali,[3] ma anche aggregati minerali a forma di rosetta e a gradini o massicci[1] di colore da grigio piombo a nero-ferro, con colore dello striscio nero. Nell'aria, di tanto in tanto si appanna diventando nera opaca o assumendo colori vivaci. Le superfici dei campioni freschi hanno una lucentezza metallica.
^abcdefCarlo Maria Gramaccioli, II. Solfuri, in Come collezionare i minerali dalla A alla Z, vol. 1, Milano, Alberto Peruzzo editore, 1988, pp. 148-149.
^ab E. Artini, Classe III-Solfosali, in I minerali, sesta edizione riveduta e ampliata, Milano, Ulrico Hoepli editore, 1981, p. 351, ISBN88-203-1266-2.
^(DE) Stefan Weiß, Das große Lapis Mineralienverzeichnis. Alle Mineralien von A – Z und ihre Eigenschaften. Stand 03/2018, 7ª ed., Monaco, Weise, 2018, ISBN978-3-921656-83-9.
(DE) Petr Korbel e Milan Novák, Mineralien-Enzyklopädie, Eggolsheim, Edition Dörfler im Nebel-Verlag, 2002, ISBN978-3-89555-076-8.
Hans Lüschen, Die Namen der Steine. Das Mineralreich im Spiegel der Sprache, 2ª ed., Thun, Ott Verlag, 1979, ISBN3-7225-6265-1.
(DE) W. Pohl, W. & W. E. Petrascheck's Lagerstättenlehre, 4ª ed., Stoccarda, E. Schweizerbart’sche Verlagsbuchhandlung (Nägele und Obermiller), 1992, ISBN3-510-65150-2.
Hans Jürgen Rösler, Lehrbuch der Mineralogie, 4ª ed., Lipsia, Deutscher Verlag für Grundstoffindustrie (VEB), 1987, ISBN3-342-00288-3.
Helmut Schröcke e Karl-Ludwig Weiner, Mineralogie. Ein Lehrbuch auf systematischer Grundlage, Berlino, de Gruyter, 1981, ISBN3-11-006823-0.
(EN) Hugo Strunz e Ernest Henry Nickel, Strunz Mineralogical Tables. Chemical-structural Mineral Classification System, 9ª ed., Stoccarda, E. Schweizerbart’sche Verlagsbuchhandlung (Nägele u. Obermiller), 2001, ISBN3-510-65188-X.