Nato a Torino, ma di discendenze toscane, sviluppa le sue idee antifasciste sotto l'influsso del padre e di un professore, Alfredo Corti, che viene condannato al confino per aver rifiutato di firmare il giuramento di fedeltà al regime fascista[1]; ancora studente al liceo classico Massimo d'Azeglio, costituisce un primo nucleo antifascista clandestino con Giorgio Elter[2] e si distingue per l'attività a sostegno degli operai in sciopero.
Arrestato il 25 luglio 1943 per aver manifestato alla caduta del fascismo, riesce a fuggire dopo l'8 settembre 1943 ed espatria nella Confederazione Elvetica, dove incontra altri fuorusciti che lo aiutano a rientrare ed a costituire la formazione partigiana "Arturo Verraz" della val di Cogne: matura in quel periodo la scelta di aderire al PCI. Si distingue in numerosi combattimenti, riuscendo anche a far rientrare dalla Svizzera Walter Fillak con altri antifascisti: costretto da un grande rastrellamento a riparare nella vicina Francia, da poco liberata, rientra poi in Italia e, divenuto Capo di Stato maggiore della 77ª Brigata Garibaldi, mantiene i contatti tra la Francia e le zone dell'Italia liberata[3].
Nella primavera del 1945 partecipa alla battaglia per la liberazione di Torino: le sue azioni gli valgono l'assegnazione di due Croci al Valor Militare.
Dopo il 1945 riprende gli studi e si laurea in giurisprudenza, continuando nella battaglia politica con incarichi nel PCI a livello regionale e nazionale: fino al 1955 è membro della segreteria nazionale della FGCI, dirigendo, insieme a Dario Valori, Pattuglia, il settimanale della gioventù democratica, di ispirazione social-comunista. Nel PCI diviene segretario in Piemonte fino al 1970; tra il 1960 e il 1970 è anche consigliere comunale a Torino.
Membro della direzione nazionale fino al 1983, è stato responsabile della sezione problemi dello Stato; dal 1972 al 1992 è ininterrottamente eletto al Senato, ove si impegna sulle questioni al centro dei suoi interessi politici: la riforma dello Stato, la lotta alla mafia e alla criminalità organizzata, la lotta al terrorismo[4] e la difesa dell'ordinamento democratico[5].
Nel 1989 è tra i sostenitori della svolta della Bolognina del PCI e partecipa alla costituzione del nuovo soggetto politico, il PDS, di cui - nel 1992 - diviene il coordinatore parlamentare dell'iniziativa politica sulla lotta alla mafia e alla criminalità organizzata.
^"Le misure più severe contro i brigatisti sono chieste dal comunista Pecchioli che denuncia gli autonomi complici delle Br alla Sip, all'Enel, agli ospedali. Scelta la loro via i comunisti sono pronti a percorrerla fino in fondo": Pietro Nenni, Gli ultimi taccuini (17 marzo 1978), Mondoperaio, 8-9/2016, p. 82.