Componente II Commissione parlamentare interni (VIII Legislatura)
Componente VII Commissione parlamentare Istruzione e Belle Arti (VIII Legislatura)
Componente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di Via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia (VIII Legislatura)
Componente della Commissione parlamentare per l'indirizzi generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (VIII Legislatura)
Componente III Commissione parlamentare esteri (IX Legislatura)
Componente della Commissione parlamentare per l'indirizzi generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (IX Legislatura)
Componente III Commissione parlamentare esteri (X Legislatura)
Si è laureato in Filosofia presso l'Università degli Studi di Milano e ha lavorato come assistente nella facoltà di Lettere e Filosofia del medesimo ateneo, prima di entrare in politica. Aderisce all'unità socialista nel 1966 e comincia la carriera nei quadri locali milanesi socialisti. Viene chiamato a Roma da Bettino Craxi nel 1976, lascia la carriera accademica ed entra nella direzione nazionale del Partito Socialista Italiano. Nel 1979 viene eletto deputato nella circoscrizione Mantova-Cremona. Nel 1981, in occasione del congresso del PSI a Palermo, diviene uno dei due vicesegretari del partito accanto a Valdo Spini.
Il 2 febbraio del 1991 diviene anche Ministro di grazia e giustizia a seguito della nomina di Giuliano Vassalli, suo predecessore alla guida di tale Ministero, come Giudice della Corte Costituzionale da parte del Presidente della RepubblicaFrancesco Cossiga. In qualità di Guardasigilli Claudio Martelli diventa il principale sostenitore ed assertore delle attività giudiziarie del magistrato Giovanni Falcone, che viene da lui chiamato al Ministero con il compito di dirigere la Direzione Generale degli Affari Penali.[3] In quel periodo Claudio Martelli e Giovanni Falcone lavorarono al progetto di una Superprocura Antimafia. La vicinanza di Giovanni Falcone a Claudio Martelli costò al magistrato siciliano violenti attacchi da parte del Partito Democratico della Sinistra e del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, fondatore del movimento politico La Rete; quest'ultimo difatti sferrò un duro attacco personale a Giovanni Falcone durante il programma televisivo Samarcanda su Rai 3, condotto da Michele Santoro, accusandolo di "tenere nei cassetti i dossier".
In merito Martelli dichiarerà: «È lo stesso Falcone a dare una spiegazione a quella insinuazione atroce rivolta verso il giudice che debellò la cupola mafiosa». Secondo Martelli, Falcone non aveva una gran voglia di affrontare quell'argomento durante l'audizione al CSM, poi, dopo l’insistenza dei componenti: «lo dice chiaro e tondo: "Forse il sindaco di Palermo non ha sopportato che io indagassi su grandi appalti che riguardano l'illuminazione e le fognature di una grande città, perché ci sono appalti e appalti: i piccoli e quelli miliardari. E io indagando su quelli miliardari, nel caso di Palermo ho scoperto che con Orlando sindaco, Ciancimino era tornato a imperare». Martelli ricorda poi il contesto nel quale collocare quegli eventi: «Eravamo nel 1991, e si voleva considerare Ciancimino fuori dai giochi, ma non era così. Questa era la cosa che fece impazzire di rabbia Orlando. L'accusa rivolta a Falcone sarebbe una ritorsione polemica».[4] La nomina di Falcone all'UAP fu peraltro valutata negativamente dall'Associazione Nazionale Magistrati.
A seguito della strage di Capaci del 23 maggio 1992, dove persero la vita Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta, fu introdotto dal decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (cosiddetto Decreto antimafia Martelli-Scotti), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, il regime di carcere duro ed un secondo comma all'articolo 41bis, che consentiva al Ministro della Giustizia di sospendere per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica le regole di trattamento e gli istituti dell'ordinamento penitenziario nei confronti dei detenuti facenti parti dell'organizzazione criminale mafiosa. A seguito delle elezioni politiche del 1992, considerate le ultime della cosiddetta Prima Repubblica, e l'inizio della XI legislatura fu riconfermato Ministro di Grazia e Giustizia nel Governo Amato I (formato dal Quadripartito). La sua permanenza duro fino all'anno successivo, il 1993, quando dovette dimettersi a causa dell'avviso di garanzia riguardante il Crac dell'Ambrosiano.
Anche sul fronte opposto l'impegno antimafia del Ministro fu ferocemente criticato, in quanto suppostamente in conflitto con scambi elettorali che in precedenza avrebbero visto confluenze di consensi siciliani sul PSI: pentiti come Angelo Siino, Nino Giuffrè e Gaspare Spatuzza lamentarono - nelle loro confessioni di un decennio dopo - che «quei quattro “crasti” socialisti ( [...] ) prima si erano presi i nostri voti, nell'87, e poi ci avevano fatto la guerra». L'addebito fu risolutamente respinto da Martelli, che si è sempre riconosciuto solo nella seconda parte della frase, quella per cui lui stesso dice di sé: "sono io uno di quei "crasti" (cornuti) socialisti che hanno fatto la guerra alla mafia».[5]
Ultimi anni
Durante Mani Pulite, nel 1993, Martelli è candidato ad assumere la guida del PSI, ma a seguito di un avviso di garanzia - per concorso sulla bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano, da cui il PSI aveva attinto il "conto protezione" su cui per quindici anni i giudici di Milano avevano invano indagato, fino alle decisive chiamate in correità di Licio Gelli e Silvano Larini - il 10 febbraio si dimette da ministro della Giustizia. Successivamente, fonderà l'associazione umanitaria Opera e quella civile Società Aperta nel 1996. Diventa direttore di Mondoperaio nel 1997.
Nel 2005 conduce il programma televisivo "Claudio Martelli racconta" su Canale 5; dal 4 ottobre 2005 al 27 aprile 2006 presenta il programma di seconda serata L'incudine su Italia 1; nell'autunno 2006 conduce Flash Back, su Canale 5, la mattina del sabato. Sempre dal 2005 cura fino al 2008 un suo spazio editoriale: Osservatorio, sul settimanale Oggi. Un anno dopo, torna in tv, stavolta a spiegare, attraverso appuntamenti giornalieri su Canale 5, la Costituzione Italiana. Nel 2011 si candida per il consiglio comunale di Siena, nelle file del Nuovo Polo,[6] ma non viene eletto.
Il 1º maggio 2020 torna in edicola l'Avanti! con Martelli come direttore e la rivista Critica Sociale come editore; il giornale ha cadenza quindicinale e una tiratura di 5 000 copie.[7] Tuttavia, il Partito Socialista Italiano, edita già l'Avanti! online come testata di partito sotto la direzione di Mauro Del Bue.[8]
Nello scandalo Tangentopoli, a riguardo del finanziamento illecito al PSI, Martelli è stato condannato a 8 mesi di reclusione nel 2000, pena sospesa con la condizionale, dopo aver confessato, per aver ricevuto 500 milioni di lire nel caso della maxitangente Enimont.[10]
Secondo gli atti processuali, Roberto Calvi avrebbe pagato tangenti a Martelli durante la vicenda del Banco Ambrosiano; tuttavia in questo caso non è stato condannato.[11]
Trattativa Stato-mafia
Il suo nome è stato nuovamente all'attenzione delle cronache giudiziarie nell'ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia, allorquando l'ex killer di Cosa nostraFrancesco Onorato ha raccontato dell'avvio della strategia stragista disposta da Totò Riina dopo la sentenza del maxiprocesso: "Nella lista delle persone da uccidere, come seppi da Salvatore Biondino, l'ambasciatore della commissione, c'erano Lima, Andreotti e suo figlio, gli ex ministri Mannino, Vizzini, ma anche Martelli. Siamo stati noi a far eleggere Martelli come ministro della Giustizia: nel 1987 avevamo finanziato la sua campagna elettorale con 200 milioni di lire. E poi Martelli mantenne le promesse, perché fece dare gli arresti ospedalieri ad alcuni mafiosi".[12]
Nella cultura di massa
Claudio Martelli è stato uno dei primi politici ad essere imitati da Sabina Guzzanti agli esordi nel varietà satirico Avanzi.
Claudio Martelli è anche l'autore di una serie radiofonica su Radio Due intitolata Quell'estate del '92 in cui parla dei suoi rapporti con Craxi e di Tangentopoli.
^Martelli: "Craxi? Fu lui a tradire me", intervista di Claudio Martelli a B. Romano, in Libero, 20 dicembre 2009, p. 1. Vi si legge anche che «È possibile che la mafia nell''87 abbia riversato qualche voto sul Psi, ma anche sulla Dc». Alla domanda: È pronto a giurare che non ci fu mai nessun accordo tra voi e i mafiosi? rispose: «Le pare che il segretario del Psi arriva a Palermo e, dopo aver parlato con Falcone, va a fare accordi con la mafia?». Alla domanda: Nessun boss provò mai nemmeno ad agganciarla? rispose: «Mai».
^Martelli riparte da Siena, su tgcom24.mediaset.it, Tgcom 24, 11 marzo 2011. URL consultato il 12 dicembre 2015 (archiviato dall'url originale il 22 dicembre 2015).
^Tangenti, la Cassazione conferma 8 mesi a Martelli, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 22 marzo 2000. URL consultato il 6 febbraio 2009 (archiviato dall'url originale il 1º maggio 2010).