Tra i più celebri scrittori in lingua spagnola, García Márquez è considerato uno degli esponenti più emblematici del cosiddetto realismo magico, la cui opera contribuí fortemente a rilanciare l'interesse per la letteratura latinoamericana.[2]
Dotato di una prosa ricca e sinuosa, ma al contempo scorrevole, le sue opere si segnalano per le loro articolate strutture narrative, spesso e volentieri costruite mediante l'intrecciarsi di punti di vista multipli ed il fitto ricorso della prolessi e dell'analessi, e le loro complesse e sfaccettate trame sovente allegoriche e propense alle contaminazioni mitologico-folcloristiche. Il suo romanzo più famoso è Cent'anni di solitudine, una delle opere più significative della letteratura del XX secolo, votata come la seconda opera più importante mai scritta in spagnolo in occasione del IV Congresso internazionale della Lingua Spagnola, tenutosi a Cartagena de Indias (nella sua natía Colombia) nel marzo del 2007. All'opera è stata infatti anteposta soltanto il celeberrimo Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes.
Gabriel García Márquez nacque ad Aracataca, un paesino fluviale della Colombia settentrionale, il 6 marzo del 1927 (sebbene venga spesso erroneamente riportato come anno di nascita il 1928[1]), primogenito dei sedici figli del telegrafista Gabriel Eligio Basilio García (1901-1984) e della chiaroveggente Luisa Santiaga Márquez Iguarán (1905-2002). Dopo il trasferimento a Riohacha, il giovane García Márquez crebbe con i nonni materni: il colonnello liberale Nicolás Ricardo Márquez Mejía (1864-1936) e la sua consorte Tranquilina Iguarán Cotes (1863-1947), una grande conoscitrice di fiabe e leggende locali[1], a detta dello stesso García Márquez d'origine gallega[3].
Nel 1937, a seguito della morte del nonno avvenuta l'anno precedente, García Márquez si trasferì a Barranquilla per studiare. Dal 1940 frequentò il Colegio San José e si diplomò al Colegio Liceo de Zipaquirá nel 1946. L'anno dopo, si trasferì a Bogotà per studiare giurisprudenza e scienze politiche presso l'Universidad Nacional de Colombia, ma presto abbandonò lo studio a causa dello scarso interesse che quelle materie suscitarono in lui.[1]
L'inizio dell'attività giornalistica (1948-1961)
Dopo i disordini del 1948 (nel periodo detto La Violencia, culminato con la dittatura di Gustavo Rojas Pinilla nel 1953), in cui nel rogo della pensione in cui abitava bruciarono alcuni suoi scritti, si trasferì a Cartagena de Indias, dove cominciò a lavorare dapprima come redattore e poi come reporter de El Universal. Alla fine del 1949 si trasferì a Barranquilla per lavorare come opinionista e reporter a El Heraldo.[1] Su invito di Álvaro Mutis, nel 1954 García Márquez tornò a Bogotá, a lavorare a El Espectador come reporter e critico cinematografico. L'anno successivo trascorre alcuni mesi a Roma, dapprima come inviato nella città, dove segue dei corsi di regia presso il Centro sperimentale di cinematografia, in seguito si trasferisce a Parigi.
Rapporto con Cuba
Nel 1958, dopo un soggiorno a Londra, García Márquez tornò in Sudamerica, stabilendosi in Venezuela.
Nello stesso anno sposa a Barranquilla Mercedes Barcha e, dopo la salita al potere di Fidel Castro, visita Cuba[4], dove ha modo di conoscere personalmente Che Guevara, e lavora (prima a Bogotà, poi a New York) per l'agenzia Prensa Latina, fondata da Jorge Ricardo Masetti e dallo stesso Castro, del quale divenne un buon amico.[5] Questa amicizia - che egli definì intellettuale e letteraria, più che politica - con il líder maximo gli fruttò diverse critiche, pur non impedendogli di essere stimato e apprezzato anche negli Stati Uniti (ad esempio dall'ex PresidenteBill Clinton, il quale ha dichiarato che è il suo scrittore preferito, e lo ha anche incontrato alla Casa Bianca, rimuovendo il divieto al visto d'ingresso posto sullo scrittore nel 1961, a causa della sua frequentazione di Cuba[6][7]). Dalla moglie Mercedes Barcha Prado (1932-2020) ha avuto due figli, Rodrigo (nato a Bogotá nel 1959) e Gonzalo (nato in Messico nel 1962).[8]
Nel 1961 si trasferisce a New York, sempre come corrispondente di Prensa Latina.[1] Sentendosi messo sotto sorveglianza dalla CIA e minacciato dagli esuli cubani anticastristi, decide di trasferirsi in Messico, dopo aver perso l'autorizzazione alla residenza permanente come cronista negli Stati Uniti, in seguito a decisioni politiche.[8]
Nel 1971, a causa dell'«affaire Padilla» - il governo cubano aveva fatto arrestare e poi costretto ad una pubblica autocritica, in cui accusava sé stesso e la moglie (condizione imposta per l'immediato rilascio e la concessione del visto d'uscita), il poeta Heberto Padilla, per avere scritto contro la Rivoluzione e il castrismo -, molti intellettuali socialisti e comunisti, tra cui Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Alberto Moravia, Mario Vargas Llosa, Federico Fellini e altri firmarono una lettera di critica al governo cubano, rompendo di fatto i loro rapporti e il sostegno a Castro: García Márquez fu, al contrario, l'unico degli intellettuali interpellati che si rifiutò di firmare questa lettera aperta[9], e il fatto che Vargas Llosa lo avesse invece fatto, interruppe il loro lungo rapporto d'amicizia (Vargas Llosa aveva scritto la sua tesi di dottorato proprio sull'opera di García Márquez); a seguito di questo episodio i due scrittori sudamericani non si sono parlati per oltre trent'anni, avendo troncato definitivamente ogni contatto dopo un acceso litigio a Città del Messico nel 1976, in cui, in parte per le divergenze politiche ed in parte per motivi personali, Vargas Llosa colpì García Márquez con un pugno in pieno volto.[10] Solo nel 2007, nonostante Vargas Llosa fosse rimasto sulle sue posizioni anticomuniste e neoliberiste, avvenne una parziale riappacificazione, quando l'autore peruviano permise la pubblicazione di un suo saggio del 1971, nell'introduzione di una nuova edizione di Cent'anni di solitudine.[11]
Gabriel Garcia Marquez (assieme al suo amico italiano Cesare Zavattini) a Cuba è stato cofondatore della Scuola Internazionale di Cinema e TV (a San Antonio del Los Banos, alla periferia dell'Avana) tuttora molto attiva.
Attività letteraria e politica successiva (1961-2000)
Il suo esordio letterario avvenne nel 1955 con il romanzo Foglie morte, ma il primo racconto risale al 1947.[1] Dopo il trasferimento in Messico, si dedicò in maniera costante alla scrittura. Nel 1967 pubblicò la sua opera più nota: Cent'anni di solitudine un romanzo che narra le vicende della famiglia Buendía a Macondo[12] attraverso diverse generazioni. Un'opera complessa e ricca di riferimenti e allusioni alla storia e alla cultura popolare sudamericana, considerata la massima espressione del cosiddetto realismo magico, e che ha consacrato in tutto il mondo García Márquez come un autore del massimo livello.[1]
Dal 1975, Gabriel García Márquez vive tra il Messico, Cartagena de Indias, L'Avana e Parigi. Nel 1982, venne insignito del Premio Nobel per la letteratura. Dagli anni ottanta agli anni novanta trascorrerà poco tempo in patria (anche se ritornò nella vecchia residenza di Aracataca nel 1983, l'anno prima della morte di suo padre), insanguinata dalla guerra tra governo, narcotrafficanti e guerriglieri come le FARC.[1] Come già fatto in passato, García Márquez si proporrà e svolgerà il ruolo di mediatore per cercare di ottenere la pace in Colombia, fino agli anni 2000.[15]
Inoltre critica il presidente colombiano Álvaro Uribe Vélez, ex liberale di sinistra passato al centro-destra, soprattutto per la sua politica proibizionista sulle droghe che, secondo lo scrittore, rafforzerebbe i cartelli dei narcotrafficanti di cocaina anziché indebolirli, mentre la cessazione della war on drugs poteva aprire scenari di pacificazione con le frange di popolazione che appoggiano i cartelli, invitando questi ultimi a deporre le armi. Sui cartelli della droga scrive anche il resoconto Notizia di un sequestro, un libro-intervista agli ostaggi di un sequestro di persona ad opera del celebre trafficante Pablo Escobar. Si oppone all'estradizione di Escobar negli USA, sostenendo che vada giudicato per i suoi crimini in Colombia (Escobar morirà poi in uno scontro a fuoco con le forze governative) e alla militarizzazione del paese. Lo scrittore propose una politica di mediazione e di pace tra governo, cartelli e gruppi guerriglieri come le FARC.[18]
La malattia e il ritorno (2000-2010)
Nel 1999 gli viene diagnosticato un linfoma (linfoma non Hodgkin[19]) che lo spinge a iniziare a scrivere le sue memorie, alle quali si dedica per parecchie ore al giorno, e nel 2000 il periodico peruviano "La República" diffonde l'errata notizia secondo cui il Nobel sarebbe ormai agonizzante. In realtà era a Los Angeles, per sottoporsi ad alcuni cicli di chemioterapia; sosterrà che il tumore è stata l'occasione per tornare a scrivere dopo un periodo di silenzio.[20]
Poco dopo circolò in rete lo scritto La Marioneta[21], una sorta di commiato dagli amici più cari. In un'intervista[22] al periodico mattutino salvadoregno El Diario de Hoy, datata 2 giugno 2000, fu lo stesso García Márquez a negarne la paternità, affermando, tra l'altro: «Quello che potrebbe uccidermi è che qualcuno creda che io abbia scritto una cosa così kitsch. È la sola cosa che mi preoccupa».[20] In seguito, García Márquez e l'autore del brano, Johnny Welch, si incontrarono, ponendo fine alla querelle.
Nel 2002 pubblicò la prima parte della sua autobiografia intitolata Vivere per raccontarla. Nel 2005 García Márquez, vinta definitivamente la sua battaglia contro il cancro, è tornato alla narrativa con quello che sarebbe stato il suo ultimo romanzo, Memoria delle mie puttane tristi, mentre nel 2010, riprendendo la linea autobiografica, ha pubblicato il saggio Non sono venuto a far discorsi, raccolta di discorsi da lui scritti e pronunciati in varie occasioni.[23] Negli anni 2000 fu tra i molti firmatari di una petizione a sostegno dell'ex terrorista e scrittore italiano Cesare Battisti.[24][25]
Gli ultimi anni
Nel 2012 l'amico Plinio Mendoza dichiarò che lo scrittore era stato colpito dalla malattia di Alzheimer (patologia che aveva già colpito la madre dello scrittore, morta nel 2002 all'età di 97 anni[26]) e che pertanto non avrebbe potuto più scrivere[27]. La notizia fu confermata dal fratello Jaime, secondo il quale "Gabo" era affetto da demenza senile, ma non dalla moglie, secondo cui i problemi di memoria erano quelli fisiologici delle persone anziane.[28]. Lo stesso scrittore ha dichiarato alla stampa, per il suo 86º compleanno, il 6 marzo 2013, di essere "molto felice di essere arrivato a quest'età" senza fare cenno alla presunta malattia.[29]
García Márquez è ricomparso in pubblico il 30 settembre 2013, in buone condizioni di salute.[30] Nel 2014 la salute dello scrittore declinò nuovamente, e il 17 aprile 2014 Garcia Marquez muore all'età di 87 anni in una clinica di Città del Messico, dove era stato ricoverato pochi giorni prima per un problema respiratorio dovuto a polmonite e per un'infezione delle vie urinarie.[31][32] Per commemorare la scomparsa del premio Nobel colombiano, il presidente Juan Manuel Santos ha disposto il lutto nazionale per tre giorni.[33]
Lo stile letterario e le tematiche
Gabriel García Márquez fu uno dei quattro scrittori latinoamericani coinvolti per primi nel boom letterario latinoamericano degli anni Sessanta e Settanta; gli altri tre autori erano il peruviano Mario Vargas Llosa, l'argentino Julio Cortázar e il messicano Carlos Fuentes (ad essi è da aggiungersi la figura discostata di Jorge Luis Borges). Sarà Cent'anni di solitudine il romanzo che gli porterà fama internazionale di romanziere del movimento magico-realista della letteratura latinoamericana, che influenzerà gli scrittori di periodi successivi, come Paulo Coelho e Isabel Allende. Egli appartiene alla generazione che recuperò la narrativa fantastica del romanticismo europeo, come quella di E.T.A. Hoffmann, e il romance, lo stile dei poemi lirici, epici e mitologici che andavano di moda fino all'alba del romanzo moderno nel XVIII secolo, quando la particolare mescolanza di reale e invenzione venne relegata nella letteratura del romanzo gotico - dei vari Hoffmann, Walpole, Radcliffe, Shelley, Lewis e Charles Robert Maturin, autore di Melmoth l'errante (si veda la leggenda dell'ebreo errante o quella di Francisco el Hombre, che ricorda vagamente La ballata del vecchio marinaio di Coleridge, citate da Márquez in Cent'anni di solitudine) - o in altri sottogeneri.[34]
Come una metaforica e critica interpretazione della storia colombiana, dalla fondazione allo Stato contemporaneo, Cent'anni di solitudine riporta diversi miti e leggende locali attraverso la storia della famiglia Buendía[35], i cui membri per il loro spirito avventuroso si collocano entro le cause decisive degli eventi storici della Colombia — come le polemiche del XIX secolo a favore e contro la riforma politica liberale di uno stile di vita coloniale; l'arrivo della ferrovia in una regione montuosa; la Guerra dei mille giorni (Guerra de los Mil Días, 1899–1902); l'egemonia economica della United Fruit Company ("Compagnia bananiera" nel libro); il cinema; l'automobile; e il massacro militare dei lavoratori in sciopero come politica di relazioni fra governo e manodopera.[36] La ripetitività del tempo e dei fatti è appunto il grande tema del romanzo, un tema in cui l'autore riconosce la caratteristica della vita colombiana e attraverso cui vediamo delinearsi altri elementi: l'utilizzo di un "realismo magico" che mostra un microcosmo arcano in cui la linea di demarcazione fra vivi e morti non è più così nitida e in cui ai vivi è dato il dono tragico della chiaroveggenza, il tutto con un messaggio cinicamente drammatico di fondo, di decadenza, nostalgia del passato e titanismo combattivo di personaggi talvolta eroici ma votati alla sconfitta.[37] Il tema del tempo ciclico e del rituale domina anche Ci vediamo in agosto, L’amore ai tempi del colera, Cent’anni di solitudine e Memoria delle mie puttane tristi.[38]
Su questa linea, dopo un inizio nella letteratura realistica di stile hemingwayano, proseguirà tutta l'opera di García Márquez (tranne gli scritti prettamente autobiografici), in equilibrio tra l'allegoria, il reale e il mito, influenzato dalle tematiche surreali dell'"allegorismo vuoto" di Franz Kafka e dal simbolismo. Lo stile presenta notevoli intrecci, digressioni, prolessi e analessi, con l'uso di frasi quasi poetiche nella prosa, un linguaggio ricercato e prosaico alternato a seconda del personaggio, e lo svolgimento di storie "corali" e parallele. Il narratore è spesso esterno e onnisciente, cioè conosce già gli avvenimenti futuri.[37]
Un signore molto vecchio con delle ali enormi (Un señor muy viejo con unas alas enormes, 1970)
Il mare del tempo perduto (El mar del tiempo perdido, 1962)
L'affogato più bello del mondo (El ahogado más hermoso del mundo, 1968)
Morte costante più in là dell'amore (Muerte constante más allá del amor, 1970)
L'ultimo viaggio del veliero fantasma (El último viaje del buque fantasma, 1968)
Blacamán il buono, venditore di miracoli (Blacamán el bueno, vendedor de milagros, 1968)
La incredibile e triste storia della candida Eréndira e della sua nonna snaturata (La increíble y triste historia de la cándida Eréndira y de su abuela desalmada, 1972)
Il sequestro (El secuestro, 1983), trad. Claudio M. Valentinetti, Introduzione di Cesare Acutis, Collana Oscar teatro e cinema n.5, Milano, Mondadori, 1984. [sceneggiatura]
^Il paese immaginario di Macondo, ispirato ad Aracataca, deve il suo nome ad una zona di vigneti, poi occupata da un villaggio bananiero (Makond), vicina proprio al suo paese di origine, che l'autore poteva vedere dal treno in occasione dei suoi spostamenti.
^"The Modern World". Web, www.themodernword.com/gabo/. April 17, 2010
^McMurray, George. "Reality and Myth in García Márquez' ‘Cien años de soledad’". The Bulletin of the Rocky Mountain Modern Language Association, Vol. 23, No. 4 (Dec., 1969), pp. 175-181