In musica, la suite (in francesesuccessione) è un insieme di brani, per uno strumento solista, un complesso da camera o un'orchestra, correlati e pensati per essere suonati in sequenza. I pezzi che compongono una suite vengono chiamati tempi (o movimenti) e nella musica barocca sono tutti nella stessa tonalità.
La suite porta anche il nome di ordre (in particolare, quelle di François Couperin), partita o sonata da camera, sebbene quest'ultimo non sia propriamente un sinonimo: nella sonata i singoli movimenti prendono il nome dall'indicazione di tempo iniziale (adagio, andante, allegro, ecc.), mentre nella suite hanno nomi di danze; la struttura è, però, identica.
Spesso questa sequenza standard viene arricchita con ulteriori danze, dette "galanterie", che possono essere una gavotta, una siciliana, una bourrée, una loure, un minuetto, una musetta, una marcia, un double (una ripetizione, un "doppio" appunto, di una delle danze variata e arricchita di abbellimenti) o una polacca, che di norma vengono inserite tra la sarabanda e la giga. Una passacaglia, una ciaccona o una contraddanza, se presenti, sono invece solitamente poste in chiusura.
Possono essere presenti anche movimenti non derivanti da danze, come i sopra citati preludio o ouverture (sempre all'inizio), oppure un'aria, una toccata, una fuga, una fantasia, oltre a veri e propri movimenti "all'italiana" ("allegro", "andante", "largo", ecc.).
Struttura formale dei singoli movimenti
La forma di ogni singolo movimento è tendenzialmente bipartita monotematica:
nella prima parte (espositiva) partendo dalla tonalità d'impianto si modula a una tonalità vicina (generalmente quella di dominante se il brano è in modo maggiore; il relativo maggiore se invece è in modo minore);
nella seconda parte (di ripresa) vengono elaborati elementi tematici della prima sezione, ma non mancano periodi completamente nuovi, in sostituzione o in aggiunta a quelli già ascoltati. Il percorso armonico è inverso rispetto alla prima parte (dal tono vicino a quello d'impianto).
Storia
Origini
La suite deriva dalla pratica, in voga nel XVI secolo, di accoppiare danze di carattere (soprattutto quelle alla corte reale) e movimento diversi: la prima lenta in ritmo binario (pavana, passamezzo, bassadanza); la seconda vivace in ritmo ternario (saltarello, gagliarda, giga).[1]
Ne sono un esempio le successioni di pavana, saltarello e piva contenute nella raccolta di intavolature di liuto di Joan Ambrosio Dalza (?-1508) intitolata Intabulatura de Lauto[2]. Libro quarto. Padoane diverse. Calate a la spagnola. Calate a la italiana. Tastar de corde col suo recercar[3]dietro, pubblicata a Venezia nel 1508 dall'editore Petrucci.[4] Dobbiamo la testimonianza più antica dell'uso del termine suite a Estienne du Tertre, che pubblica delle Suyttes de bransles nel 1557, costituite però da semplici coppie di danze.
La prima opera che rientra propriamente nella tipologia sopra descritta è invece Newe Padouan, Intrada, Dantz, und Galliarda (1611) del compositore e organista tedesco Paul Peuerl (1570-1625). In essa le quattro danze del titolo vengono ripetute in dieci suite.
Periodo barocco
La formulazione della suite standard (allemanda-corrente-sarabanda-giga) è attribuita a Johann Jakob Froberger (1616-1667)[5] e conosce un notevole sviluppo durante il XVII secolo, soprattutto in Francia.
Dalla metà circa del XVIII secolo, in concomitanza con la fine della musica barocca e l'affermarsi dello stile galante, il genere comincia sentire i segni del tempo, e i compositori iniziano a preferirgli la sonata e, in ambito orchestrale, la sinfonia e il concerto.
A partire dall'Ottocento, il significato del termine suite si amplia, andando a definire:
una sequenza di pezzi brevi aventi un tema in comune (come ad esempio le suite di Čajkovskij, Grieg, Sibelius, Busoni) tra cui generalmente ancora delle accademiche danze;
un pezzo che si rifà esplicitamente a temi barocchi (come ad esempio la Suite per pianoforte di Schönberg).
L'espressione suite viene anche utilizzata nella musica leggera moderna, in particolare nell'art rock e generi correlati, per indicare un brano musicale, strumentale o cantato, strutturato in più parti correlate, che per la sua complessità esce dai canoni della canzone.