Nato negli Stati Uniti da genitori italiani, Antonio Ferdinandi ed Ernestina Roefaro, trasferiti a New York all'inizio del secolo, fece ritorno in Italia, nei primi anni cinquanta[2]. Fa esperienza e consolida il suo stile presso la sartoria di Fernanda Gattinoni per poi aprire un atelier a Roma nella mondanissima Via Veneto[3], centro della Dolce Vita da cui Federico Fellini trasse ispirazione per il suo celebre film. Sposa Annamaria Malpieri e ha tre figli.
È stato tra i primi grandi stilisti di alta moda a competere con i più blasonati couturier francesi in ambito internazionale. Nel 1949 è a Parigi, chiamato da Christian Dior per una collaborazione stilistica con la maison francese[4]. Dopo quell'esperienza anche Londra lo chiama per la progettazione di una linea di calzature che porta a termine con estro e creatività tutta italiana[5].
Il suo stile asciutto e privo di fronzoli gli vale riconoscimenti sempre più convinti tra gli addetti ai lavori e il pubblico. I suoi tailleur, impeccabili, lo fanno apprezzare in Italia e all'estero. Negli anni sessanta il produttore di moda tedesco Frederich gli chiede di disegnare una linea prêt-à-porter, cui dà spessore e validità stilistica.
Vittorio Gallo realizza per la "Astra Cinematografica" il docufilm "Sete e Velluti"[33] sulla moda italiana degli anni '50 colta negli ateliers romani delle case di moda Ferdinandi, Gattinoni e Garnett.
Ferdinandi è stato tra i primi ad intuire l'importanza dell'accessoristica applicata alla moda (borse, scarpe, cinture, profumi), marcata con una propria griffe[34].
Personaggio estroverso - nel pieno della Dolce vita capitolina è rimasta famosa una sua scommessa calcistica col pittore Antonio Privitera in occasione di un derby Lazio-Roma, persa la quale fece sfilare per la celebre strada undici mucche addobbate con mutandoni giallorossi[35] - negli ultimi anni di vita si è dedicato anche alla pittura, con un suo stile basato tutto sui contrasti e i chiaro-scuri, con una tecnica a olio e ad acquerello.
Nel 2014 il museo Maxxi di Roma all'interno della mostra "Bellissima"[36][37] lo annovera tra i pionieri della moda italiana.
Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo e Stefano Tonchi (a cura di), Bellissima:l'Italia dell'alta moda (JPG), Milano, Electa, 2014, p. 256. URL consultato il 29 luglio 2019 (archiviato dall'url originale il 9 maggio 2016).